Le sei limitazioni
dell'attuale metodologia di sviluppo open source
Felix Stalder
[translated by Paolo M. Pumilia <pol AT linfe.it>, 09.2003]
Riassunto
L'attuale modello di sviluppo open source si basa su un preciso numero
dicondizioni, non sempre evidenti, che limitano la sua
applicabilità a contesti molto disparati, come la distribuzione
di musica o la ricerca in prodotti medicinali.
Le sei limitazioni dell'attuale metodologia di sviluppo open source
From: Felix Stalder <felix AT openflows.org>
Date: Thu, 14 Aug 2003 17:33:50 +0200
L'approccio "Open Source" per lo sviluppo di beni a contenuto
informativo ha avuto un successo strepitoso in quell'area per il quale
è stato sviluppato, il campo del software.
Ci sono importanti progetti open source anche al di là del
software, come l'Enciclopedia Wikipedia gratuita, i progetti di siti
collaborativi per scrivere/pubblicare come kuro5hin.org; il progetto di
correzione di bozze distribuita, che è parte del progetto
Gutenberg. Tuttavia i progetti open source rimangono relativamente a
margine, specialmente se estranei al campo del software. Perchè?
In parte ciò può essere spiegato con la novità
dell'approccio; ci vuole tempo affinchè le nuove idee facciano
presa e riescano a trasferirsi da un contesto ad un altro. Ma tale
spiegazione rende conto solo in parte della realtà. Va infatti
anche osservato che l'attuale modello di sviluppo si basa su alcune
precise condizioni, non sempre evidenti, che ne limitano
l'applicabilità in contesti distanti, come la produzione
musicale o la ricerca di prodotti medicinali.
I contorni del modello di produzione aperta, come si è affermato
nell'ultimo decennio, sono determinati da sei condizioni che
caratterizzano praticamente tutti casi di successo di quella che
Benkler chiama "commons-based peer production."
L'elenco che segue propone una astrazione concettuale di tali
condizioni limitanti, una sorta di classificazione per tipi ideali che
forniscono, nel complesso, il campo di validità del modello
attuale, anche se realizzazione concreta di tali limitazioni ed il loro
relativo peso possono variare da progetto a progetto.
Gli esempi a cui faccio riferimento sono tratti da progetti di open
source e free software, ma non sarebbe difficile basare le
argomentazioni su casi di 'open content'.
1. Produttore e distributore ben
distinti.
La maggior parte dei programmatori professionisti non basa le proprie
entrate economiche direttamente dalla vendita dei programmi che scrive.
Molti lavorano per una organizzazione che usa il software, ma non lo
vende.
E' il caso, ad esempio, degli amministratori di sistema (sysadmins,
system administrators [NdT]); è loro preciso interesse trovare
la soluzione efficiente a un particolare problema e se, per raggiungere
tale risultato, è conveniente collaborare con altri, non ci sono
difficoltà a mettere in comune i programmi software.
In altri casi i programmatori lavorano per aziende private, ad esempio
IBM, per le quali lo sviluppo di free software è alla base della
offerta di servizi commerciali. Il fatto che qualcuno abbia la
possibilità di utilizzare tale software senza acquistare i
servizi è più che compensato dalla opportunità di
basare la propria offerta commerciale sulla creatività di una
estesa comunità di programmatori. Per IBM, il costo di
partecipazione allo sviluppo di software aperto è un
investimento di capitale necessario per poter poi vendere il prodotto
finito: i servizi.
In ambito accademico, scrivere programmi software, la cui vendita
è spesso esplicitamente vietata, è un passaggio
necessario sia per gli studenti, che mirano al raggiungimento di
determinati obiettivi formativi, che per i docenti, che accrescono
anche in tal modo la propria reputazione. La condivisione del software
non è semplicemente parte di un percorso di avanzamento, ma
parte integrante della cultura professionle che li sostiene anche dal
punto di vista economico, nella forma di stipendi e borse di studio.
Infine ci sono tutti coloro che impiegano le loro capacità al di
fuori dell'ambito professionale, ad esempio a casa propria. Assicurata
la stabilità finanziaria, questi sono liberi di mettere a frutto
le proprie competenze, alla sera o nei week-end, per il perseguimento
di interessi personali.
2. Modesti capitali di
investimento.
La economicità dei mezzi di produzione e la facilità con
essi si possono procurare ha permesso il costituirsi di quest'ultima,
molto importante classe di persone che lavorano su particolari progetti
personali, al di fuori dell'ambiente istituzionale.
L'attrezzatura materiale di cui c'è bisogno è data da un
comune computer di oggi (spesso anche un vecchio computer basterebbe) e
una connessione veloce e affidabile per partecipare ai forum della
comunità. Ovviamente è anche necessaria la presenza di
una infrastruttura per le comunicazioni, cosa che non è
garantita in gran parte del mondo, ma è alla portata della
maggior parte delle persone nei centri di sviluppo.
Una volta assicurato l'accesso ai mezzi di comunicazione, le competenze
necessarie a partecipare allo sviluppo di programmi software possono
anch'esse venire acquisite senza costi economici, mediante
collaborazione. Il numero di programmatori autodidatti è
notevole. Dato che non sono richieste costose certificazioni e lauree
per partecipare, lo scoglio finanziario diviene effettivamene molto
basso.
3. Elevato numero di contributori
potenziali
Le conoscenze di programmazione stanno diventando abbastanza comuni,
non più circoscritte ad una elite di ingegneri, ma diffuse a
tutti i livelli nella società. Anche se i programmatori
veramente grandi sono rari come i grandi artisti, esiste un certo grado
di conoscenza professionale, reperibile un po' ovunque, che si
caratterizza quantitativamente in un numero crescente di milioni di
programmatori. Anche dal punto di vista qualitativo, sono molti i
programmatori capaci, anche per il ridotto impatto degli ostacoli
materiali e alla possibiltà di apprendimento al di fuori delle
vie istituzionali, con esami di ammissione e quote di iscrizione.
La massa critica di contributori è resa possibile da tale grande
variegato insieme di talenti, proveniente da una frazione della
popolazione.
4. Produzione modularizzata
Poichè un programma software grande consiste di molte parti
piú piccole (librerie, plug-ins, etc.), è possibile
distribuire la produzione tra un gran numero di contributori,
decomponendo il processo in tanti segmenti più brevi. Se le
procedure di integrazione sono mantenute semplici, è possibile
assegnare la quantità di lavoro ai collaboratori in modo molto
flessibile e trarre vantaggio anche da contributi di tipo più
minuto (le 'patches' ed i 'bug reports').
Le caratteristiche modulari del processo di produzione permettono
inoltre il lavoro in parallelo di un gran numero di persone, senza
generare interferenze di rilievo.
5. I produttori sono anche gli
utilizzatori
Secondo Eric S. Raymond, un buon progetto open source inizia quando un
programmatore si accinge a sistemare qualcosa che non gli va e scopre
che ci sono molti altri con lo stesso problema. Il desiderio di rendere
usabile un programma dà una forte motivazione per contribuire al
suo sviluppo, essendo spesso questa una soluzione molto più
efficace che aspettare sperando che qualcuno scriva e poi venda un
programma che risponda alle proprie particolari esigenze.
6. Nessuna responsabilità
legale.
Infine il software non permette la perseguibilità sul prodotto.
Il paragrafo 11 della GPL afferma, analogamente alla maggior parte
delle licenze, che "il detentore del copyright e/o le altre parti
forniscono il programma 'cosi come è' senza alcuna garanzia,
nè espressa nè implicita, senza neppure le garanzie
implicite di commerciabilità e di adattabilità a
particolari scopi, nè altra garanzia" (GPL, v2).
La non perseguibilità permette di produrre programmi senza dover
dichiarare una loro precisa proprietà nè altri segni per
la determinazione delle responsabilità.
Lo spazio coperto da queste caratteristiche è ampio e non ancora
interamente esplorato. E' probabile che l'attuale modello di produzione
aperta troverà altre nicchie nelle quali affermarsi. Solo tre
anni fa, pochi avrebbero potuto prevedere la riuscita di Wikipedia,
anche se il software open source aveva già avuto molto successo.
Eppure è chiaro che molti beni a contenuto informativo restano
al di fuori di questo spazio. Non sempre i mezzi di produzione sono
economici e facili da procurare; non sempre il processo di produzione
è modulare. A volte il numero di potenziali produttori è
piccolo e, in molti casi, la perseguibilità è auspicabile.
Ciò non significa che il 'modello open source' non si possa
applicare, ad esempio, alla produzione di opere letterarie, alla musica
o ai prodotti medicinali. Ma che, per renderlo praticabile, è
necessario un altro ciclo di innovazioni sociali. Questo sta già
lentamente avvenendo. Alcuni primi buoni segni sono dati dalla crescita
dei "Open Access Journals" ('Giornali ad accesso aperto') e delle
discussioni sulla "compulsory licensing" (sulla 'concessione di licenza
coercitiva').